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Un problema di gratitudine reciproca

Lettera al Decanato Villoresi dopo la missione vocazionale

Cari cristiani del Decanato Villoresi,

vi chiedo di perdonare me e i miei compagni di Seminario. Perdonateci per essere piombati nelle vostre vite e nelle vostre famiglie, per aver invaso le vostre chiese e occupato le vostre tavole. Perdonateci per aver turbato la vostra routine e sconvolto i vostri programmi, per avervi distolto dalle fatiche e dai problemi quotidiani. Perdonateci se vi abbiamo strappato qualche sorriso e se vi abbiamo strappato da voi stessi, comunicandovi il nostro entusiasmo e costringendovi a misurarvi con la nostra gioia. E se per caso vi abbiamo messo in crisi suscitando in voi qualche domanda scomoda o il desiderio di una vita diversa, vi chiediamo ancora perdono. Scusateci, ma non potevamo fare altrimenti. Siamo innamorati di Cristo e non possiamo tenerlo nascosto, neanche se lo volessimo: l’abbiamo incontrato realmente e la sua presenza ha impresso un segno indelebile su di noi, l’abbiamo seguito e la sua luce ha abbronzato la nostra vita. Come potevamo giungere da voi senza mettere davanti lui? Come potevamo raccontarvi di noi senza parlarvi di come lui ci rende felici? Scusateci, è l’amore che ci ha trascinato, è la carità che ci ha spinto ad amarvi come se ci conoscessimo da sempre – e veramente sembrava di conoscerci già da una vita.

Anche voi, però, siete responsabili di tutto ciò. Fatevi un bell’esame di coscienza. Tornate con la memoria e col cuore ai giorni della Missione Vocazionale e guardate cosa avete combinato: siete riusciti a tirare fuori il meglio di noi. Siete stati troppo accoglienti e ospitali, troppo buoni con le nostre stranezze, troppo felici di incontrarci. Avete avuto una pazienza infinita di fronte alle nostre testimonianze, ci avete ascoltato col cuore troppo aperto e soprattutto avete pregato troppo intensamente per noi. Chi ve l’ha fatto fare? Solo Dio lo sa. Sta di fatto che è colpa vostra se siamo stati così autentici e genuini, così capaci di comunicarvi la ricchezza della nostra vocazione. Badate bene: se la Missione è stata una “bomba”, Dio è stato la scintilla, noi il combustibile e voi – ci dispiace, ma è così – l’ossigeno senza il quale non sarebbe esploso un bel niente. Nessuno sarebbe tornato a casa così pieno di gioia e ora nessuno proverebbe questa beata nostalgia, che è un segno certo della bellezza del Paradiso. Anche voi, quindi, ci dovete delle scuse.

Credo che il modo migliore per chiarire queste strane incomprensioni sia vederci di nuovo. Questa volta potete venire voi a trovarci in Seminario, oppure possiamo tornare noi nelle vostre comunità. Ormai ci siamo compromessi: non possiamo continuare a vivere come se non ci fossimo mai incontrati. E se per il momento non fosse possibile organizzare un confronto diretto, almeno preghiamo gli uni per gli altri. La comunione fra di noi vince le distanze di spazio e di tempo e la preghiera ci collega indissolubilmente, perché unisce i nostri cuori con Dio e, mediante lui, tra di loro. I cristiani risolvono così i loro problemi, incontrandosi e pregando, e noi abbiamo un grosso problema di gratitudine reciproca da risolvere. Se non lo affrontiamo, finiremo per dimenticarcene – e questo sarebbe un vero peccato.

Per favore, ricordiamoci a vicenda che abbiamo un conto in sospeso: ci sono dei “grazie” che ancora attendono di emergere dal cuore e prendere voce. Grazie a Dio, però, questo non dovrebbe essere un problema: perché ci siamo voluti bene, perché siamo diventati amici, perché siamo stati felici insieme.

Arrivederci a presto.

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