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“Dammi da bere!” spunti di riflessione dall’Omelia di Padre Davide Sciocco

Parabiago, 12 marzo 2017

Omelia di p. Davide Sciocco – missionario del PIME

“Dammi da bere”. Questa richiesta di Gesù mi richiama immediatamente la richiesta che sentivo in Guinea Bissau, dove sono missionario da quasi 20 anni. Ricordo soprattutto le code di gente, soprattutto donne, che cominciavano alle 3 del mattino per attendere l’inizio della distribuzione dell’acqua che facevamo in missione, dalle 6 alle 9, quando poi la riserva del nostro posso seccava. Ogni giorno, da marzo a giugno. La drammatica mancanza di acqua è difficile da capire per chi come noi in Italia ha acqua a volontà e ogni tipo di scelta di acque minerali e bibite. Ma ancora oggi nel mondo, milioni di fratelli e sorelle soffrono per la mancanza d’acqua.

Ringrazio la comunità di Parabiago, che, con l’allora attivissimo gruppo missionario, ha finanziato lo scavo di vari pozzi; e anche tante singole famiglie. Ancora oggi vari villaggi della Guinea hanno l’acqua grazie alla generosità dei parabiaghesi.
La quaresima è il tempo del digiuno e della carità. Non sono pratiche sorpassate. Gesù è presente nei tanti poveri di oggi, e ancora ci chiede “Dammi da bere”. Come possiamo adorare qui in chiesa Cristo presente nell’Eucarestia, e poi ignorarlo nei poveri che soffrono di tante mancanze fondamentali? C’è un legame profondo tra quaresima e carità e digiuno. Il frutto delle nostre rinunce, oltre ad allenarci a digiunare dai peccati, lo dobbiamo trasformare in carità concreta, nelle varie forme che la stessa parrocchia e Caritas propongono per la Quaresima.

Ma il mondo non ha solo sete dell’acqua fisica. Ha sete di amore, ha sete di Dio. Infatti la donna samaritana dopo l’incontro con Gesù diventa subito missionaria. Va dai suoi compaesani e dice loro: “Venite, ho incontrato il Messia!”. Nonostante che questa donna non sia una santa (ha avuto 5 mariti e ora convive con un altro ancora) diventa la prima missionaria in terra di Samaria. Per essere missionari non bisogna aspettare di essere perfetti; occorre fare esperienza viva di Gesù, lasciarci incontrare da lui e sperimentare che la sua Parola è fonte di acqua viva, che lenisce le ferite più profonde della nostra umanità.
Nei molti viaggi che sto facendo per visitare i nostri missionari del PIME nel mondo, ho avuto il dono di conoscere esperienze di missionarietà anche nei luoghi più difficili. E vedere che ogni battezzato è missionario. Il fatto di celebrare la Messa in questa chiesa dove sono stato battezzato, mi richiama la bellezza di questo dono, che non posso, che non possiamo tenere solo per noi: il battezzato o è missionario o non è neanche cristiano!

Ricordo un incontro in Cambogia, una nazione dove i cristiani sono lo 0,01%! Un nostro missionario è stato mandato in una cittadina, dove ha cominciato da zero: su 500.000 abitanti i cristiani sono 2: lui e un giovane disabile che vive in un centro di sostegno. Ha invitato una signora battezzata di un’altra parrocchia. Questa donna semplice ogni giorno visita le case più povere, porta un sorriso e tanta attenzione; segnala al coordinamento della diocesi i casi più difficili, perché anche i poveri possano avere assistenza medica. Ora alla domenica pomeriggio a Messa lo scantinato della casa del prete è pieno: sono varie persone, per lo più poveri non cristiani, che vogliono conoscere dove è la fonte di questo amore, che si dona senza chiedere nulla (nessun aiuto è dato per avere in cambio la conversione!). Quella donna battezzata, nella sua semplicità, è una grande missionaria.
Ricordo in Giappone, dove i cristiani sono pure un piccolissimo gregge disperso in queste enormi città. Ho visitato a Nagasaki il luogo del martirio di tantissimi cristiani, durante la terribile persecuzione del Seicento. In quel periodo tutti i missionari vennero uccisi o espulsi. Per due secoli in Giappone nessuno straniero poteva entrare, e il cristianesimo era vietato. Quando nell’Ottocento alcuni missionari sono tornati per dare assistenza religiosa ai primi europei che potevano entrare in Giappone, pensavano che ormai non ci fosse più nessun cristiano. Costruirono la chiesa per gli europei. Ma un giorno un missionario francese vide entrare alcuni giapponesi, che fecero alcune domande sulla fede cattolica. Poi si inginocchiarono davanti al missionario e dissero: “Allora è proprio vero! Siete tornati! I nostri martiri ce lo avevano detto, e lo si è trasmesso di padre in figlio che un giorno sareste tornati”. Con incredibile emozione e sorpresa, il missionario scoprì che non solo la fede non era stata sradicata in Giappone, ma che era cresciuta: durante due secoli, senza preti né libertà religiosa, di nascosto come nelle catacombe, i cattolici giapponesi hanno trasmesso la fede di padre in figlio. Questi semplici battezzati, senza mai aver visto un prete o aver partecipato a una Messa, sono stati missionari per i loro figli e i loro amici. Oggi Nagasaki è il luogo del Giappone dove maggiormente esistono comunità cristiane vive e significative.

Se questi battezzati hanno avuto la forza di essere missionari in una situazione così estrema, come possiamo noi vivere la nostra fede senza essere missionari, e tenere questo splendido dono come un bene privato?

Ancora oggi, anche senza saperlo, il mondo grida “Dammi da bere!”: ha bisogno dell’acqua fisica, e ha bisogno dell’acqua della fede. Noi abbiamo entrambe: non chiudiamoci, ma doniamo con gioia!

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